Un Tapis Roulant per l’anima

Dopo 10 ore di volo.
Un’ora di Cessna per atterrare precario qui.
Lungo la strada un avvallamento, la ragazza vestita di colore Imba (popolazione dell’Africa australe) si piega e riempie la tanica senza badarci.
Io respiro polvere e caldo.Siamo a 10 km dal suo villaggio, ma io non lo so ancora.
Perché costruire un villaggio così lontano dall’ACQUA?
Perché ogni giorno portarsi una tanica per 10 km?
Occidentale, pensaci: un motivo c’è sempre dietro a uno dei tanti saperi antichi che la nostra scienza cancella ogni giorno.

La sorgente non è CASA, è terra di tutti.
Qui arrivano uomini, leoni, serpenti, orix, militari e banditi.
Arriviamo al villaggio, fortificato da una palizzata appuntita: vita che scorre tranquilla, e capisco.
10 km. al giorno sono medicina.
Le gambe si muovono, i polmoni si aprono, il cervello elabora.
Se avesse il rubinetto in casa, anche lei avrebbe bisogno di un tapis roulant, della pastiglia per la pressione e di quella per il colesterolo, dello psicologo e di diete cruente.
Io, occidentale, vivo di progresso.
L’auto mi ha tolto i muscoli, la calcolatrice mi ha tolto i numeri in testa, il navigatore la mia mappa interiore. Ora l’AI spegnerà il resto dei miei muscoli sopravvissuti.
Non disprezzo il mio Occidente, anzi, lo adoro quando esprime la sua potente filosofia e quando rispetta i valori di altre culture.
Ma la fatica era la maestra anche per noi.
Io lo so bene: nella fotografia commerciale ho vissuto per 40 anni molte ore noiose e gesti ripetuti.

Era lì, nel 90% di disciplina, che nasceva il 10% di libertà espressiva vera.
È quell’allenamento che ha fatto di me un artista. ARTE = il saper fare, il tramutare in OPERA il pensiero.
Così oggi dico: l’AI va usata, ma non per evadere la strada lunga e generosa, il tempo del non-pensiero e dell’osservazione, della sorpresa e del pericolo.
Serve un tapis roulant dell’anima: tornare a scrivere a mano curando la calligrafia, sviluppare fotografie in camera oscura, guardare una mappa di carta, ripetere gesti che educano.
Piccoli esercizi che tengono vive le sinapsi, dedicando SPAZIO e TEMPO.
Perché senza fatica, anche l’acqua diventa fango.
Per imparare l’AI ho investito un’ora al giorno per un anno; per compensare i danni collaterali, mi servirà un’ora al giorno per il resto della vita.

Ma poi, in fondo, tutto si trasforma in un GIOCO.

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Fotografia: ©Maurizio Marcato

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